La "peste nera" e le conseguenze sociali
Da: H. R. Trevor-Roper,
L'ascesa dell'Europa cristiana, Rusconi, Milano, 1994
Dopo aver tratteggiato la progressione della peste in Europa e la sua permanenza fino al secolo XVIII, lo storico inglese Hugh Redwald Trevor-Roper ne puntualizza alcune delle conseguenze, come la sopravvenuta scarsità di manodopera, che portò a conflitti sociali dai diversi esiti nazionali.
La peste nera era la peste bubbonica, portata dai topi o piuttosto da una pulce parassita dei topi, e si propagò, date le circostanze favorevoli, nelle città medioevali, affollate e sporche. Già una volta era comparsa in Europa, nel VI secolo, durante il regno di Giustiniano. L'avevano portata a Costantinopoli le navi che trasportavano i carichi di grano e aveva provocato "un visibile calo della specie umana, che non è stato più compensato in alcuno dei paesi più belli del globo".
La peste colpì dapprima i paesi del Mediterraneo. Subito dopo il suo arrivo a Genova, raggiunse il porto siciliano di Messina. Quasi contemporaneamente, alla fine cioè del 1347, navi provenienti da Costantinopoli la portavano a Marsiglia, da dove si sparse velocemente in tutta la Francia. In Italia la mortifera pestilenza del 1348, che aveva svuotato la città di Firenze e sconvolto l'autorità di ogni legge, sia umana che divina, offrì lo sfondo per il Decamerone di Boccaccio. A Parma, Petrarca lamentava la perdita della sua Laura e di molti altri amici. "Quando la posterità vorrà credere", egli scriveva, "che ci fu un tempo in cui, senza furore del cielo o della terra, senza guerra o altra visibile calamità, non soltanto questo o quest'altro paese, ma quasi il mondo intero rimase quasi disabitato... case deserte, città abbandonate, campi incolti, il terreno affollato solo di cadaveri, e ovunque un immenso e spaventoso silenzio?".
Dall'Italia la peste dilagò rapidamente in tutta Europa. Viaggiando veloce per mare giunse in Inghilterra nel 1348 e là infuriò per tre anni. Gli ingegnosi Scozzesi, vedendo i loro vicini prostrati dall'epidemia, si raccolsero allegramente nella foresta di Selkirk per invaderne le terre e spogliarli dei loro beni. Il bottino più cospicuo fu la peste, che si diffuse nel loro paese nel 1350. In Irlanda, un frate, nel registrare per iscritto la desolazione intorno a sé, previde - e con ragione - che i giorni che gli rimanevano, per tramandare la cronaca di quanto accadeva, si avviavano alla fine e, con grande accortezza, lasciò una buona scorta di pergamena per il suo successore: "Se fortuna vorrà che un uomo sopravviva e qualcuno della razza di Adamo sfugga alla pestilenza e voglia continuare l'opera che io ho cominciato". Dall'Italia la peste passò via mare anche sulle coste orientali della Spagna e di lí, gradatamente, si mosse verso ovest, fino al Portogallo. Da Venezia il morbo passò le Alpi ed entrò in Austria. Sempre per mare arrivò anche al Baltico e penetrò in terra di Russia. Dall'Austria, dal Baltico e dalla Francia non poteva che convergere sulla Germania, dove zelanti agitatori furono assai rapidi a spiegare che la causa di tutto erano gli Ebrei, che avevano avvelenato i pozzi dei buoni Tedeschi.
La peste infuriò nella sua forma piú acuta per tre anni; ma anche quando parve che il peggio fosse passato, essa continuò ad aggirarsi sul suolo d'Europa. Ci furono cinque gravi recrudescenze della pestilenza prima del 1400. Né esse cessarono del tutto con il finire del secolo. Sebbene si andasse lentamente contraendo nelle grandi città, la peste non fu domata in Europa che verso la metà del Seicento. La grande peste di Londra nel 1665 fu l'ultima eruzione in Inghilterra, la peste di Marsiglia nel 1720 l'ultima sul territorio continentale europeo. Poi le condizioni mutarono. Nel 1727 una nuova invasione venne dalle steppe russe. Topi scuri proruppero a frotte oltre il Volga, scacciandone i topi neri con i loro parassiti e la peste.
Le immediate conseguenze della terribile mortalità, che si portò via in alcune zone persino una metà della popolazione, in generale forse un terzo, furono enormi. Ovunque nacque il problema della scarsità di mano d'opera. Ovunque le classi agiate, beneficiarie della precedente espansione, cercarono con ogni mezzo di conservare i loro guadagni, ora minacciati, con una politica reazionaria del tutto artificiosa. Per ottenere tale scopo inventarono nuove leggi, nuovi meccanismi, persino nuovi miti. E ovunque, in egual misura, trovarono resistenza. Nel mondo in espansione dei secoli XII e XIII c'era stato posto per tutti ed era stato possibile conservare una certa armonia tra le classi sociali. I grandi proprietari terrieri avevano concesso la libertà ai loro servi, perché costoro avevano ricavato denaro dall'agricoltura ed erano stati in grado di comperarsela o perché se non veniva accordata, essi potevano sempre fuggire e andare a cercarsi la libertà nelle nuove città. Nei centri urbani il riassetto sociale era stato piú fluido: gli apprendisti erano saliti di grado, erano diventati padroni e gli incarichi cittadini erano passati dalle antiche famiglie alle nuove. Ma nel mondo che aveva subito le contrazioni dei secoli XIV e XV c'era molto meno spazio: e il padrone e il contadino nelle campagne, il grande mercante e quello piú piccolo, oppure il mercante e l'artigiano nella città, lottavano l'uno per conservare, l'altro per ottenere la propria parte della già ridotta porzione di ricchezza o di potere.
Tali lotte non si manifestavano tutte nella stessa forma. In Inghilterra, dopo la peste nera, i proprietari terrieri approvarono uno statuto dei lavoratori, inteso a fissare i salari agricoli il piú vicino possibile al valore raggiunto prima della peste. In Francia un'ordinanza reale stabilì esattamente la stessa cosa. In Spagna le Cortesi [le assemblee e rappresentative] emisero dei regolamenti molto simili per le diverse regioni. Ma alla fine, nella maggior parte dei paesi occidentali, la scarsità di mano d'opera avvantaggiò il lavoratore e i contadini furono in grado di comperarsi la libertà. Nell'Europa orientale, d'altra parte, i proprietari imposero la loro volontà. Di fronte alla pressione degli Slavi, essi trovarono modo, a poco a poco, di affermare nuovamente la servitù della gleba, così che nel Cinquecento, quando la libera classe contadina inglese vantava la propria superiorità irridendo agli zoccoli di legno e alle brache di canapa dei contadini di Francia, meno liberi di loro, costoro potevano guardare con lo stesso disprezzo i servi della Germania, spediti fuori a cercare lumache o fragole per i loro dispotici padroni. In ogni paese le medesime cause portavano ad un'identica "reazione latifondista"; ma gli effetti erano diversi. Persino in Spagna vi erano delle differenze fra la Catalogna, dove la nuova legislazione venne più tardi revocata, e la Castiglia, dove non lo fu. Nella storia le stesse cause non producono necessariamente gli stessi risultati; o per lo meno, per giungere a tanto, richiedono lo stesso contesto sociale. Se tale contesto viene a mancare, i risultati possono essere addirittura opposti.